Di fronte a una premuta d'arancia abbiamo scambiato due chiacchiere con Piero Percoco, giovane personalità “fotografica” del nostro territorio, fotografo barese, docente presso la scuola Spaziotempo di Bari nonché tutor di corsi di fotografia online.
Erano mesi (se non più), che le sue fotografie continuavano a rimbalzarci sotto gli occhi attraverso Instagram e di certo non si tratta di immagini ignorabili, men che meno banali (provare per credere, cercate pure @therainbowisunderstimated e capirete subito quello che vi stiamo dicendo); assieme ad esse venivano fuori anche domande da porre, curiosità, ecc.
Quindi.
Piero, in che modo ti sei avvicinato al mondo della fotografia?
Di base quello che mi ha attratto è stata l'energia che si crea attraverso le immagini, la curiosità verso quello che è sconosciuto. Mi è sempre piaciuto il cinema e mi sono sempre immerso mentalmente in queste scene “filmesche”. Il problema dell'inizio è stato quello del non sapere come incanalare questa energia, hai una macchina fotografica (o uno smartphone) ma non sai da dove partire per far foto.
Inoltre cominci ad esporti agli altri, a queste piccole cerchie fotografiche di nicchia che nascono e giudicano, anche se io son sempre stato molto menefreghista sotto questi termini ed essere a Sannicandro aiuta molto.
Cosa ti ha spinto a scattare col cellulare?
Ho cominciato a scattare con l'Iphone (un vecchio 4s) regalatomi dalla mia ragazza nel periodo in cui lavoravo coma assistente di macchina per un fotografo matrimonialista.
L'utilizzo del cellulare mi ha permesso di muovermi inosservato, come un detective in incognito, immortalando tutto quello che volevo, interni delle case, espressioni, oggetti, senza che nessuno se ne accorgesse.
La qualità delle immagini non mi interessa anche se è stata scattata una delle mie prime foto con Iphone in formato 9m x 9m e devo dire che ne è venuta fuori una figata che neanche sembra scattata con cellulare.
Quando scatti per lavoro, utilizzi il cellulare o la macchina fotografica?
Dipende dalle richieste dei committenti, ad esempio quelli di Tormaresca mi hanno dato carta bianca. Capita invece che mi venga richiesta una qualità fotografica alta per poter poi utilizzare le immagini in alta definizione, in tal caso scatto con la macchina fotografica. C'è da dire ovviamente che la ricerca personale è una cosa, il lavoro è un altro; chiaramente una non esclude l'altro.
A quali fotografi ti ispiri e che genere fotografico prediligi?
Stephen Shore, William Eggleston, Leon Levinstein (anni '50), sono nomi dai quali ho tratto massima ispirazione. Martin Parr? No, assolutamente. Me lo dicono in tanti e sinceramente mi da anche un po' fastidio soprattutto per il fatto che le immagini di Parr -bellissime fotografie, nulla da dire- sono solite immortalare soggetti “ridicolizzandoli” poiché critica della società moderna; praticamente un occhio che giudica dall'esterno, che guarda dall'alto verso il basso. Io adoro immergermi nelle situazioni, sentirle mie, entrarci in contatto, non giudico, prendo solo quello che mi piace.
Non prediligo nessun genere fotografico perché non mi piacciono le etichette. Scatto qualsiasi cosa mi incuriosisca, anzi, ho scoperto non molto tempo fa che alcune mie immagini rientrano in un genere che non conoscevo prima, fotografia straight.
Come ti approcci alle persone che fotografi? Non temi di essere preso a “male parole”?
Mi approccio nelle vesti di un turista. Il mio aspetto mi permette di camuffarmi come se fossi uno straniero in cerca di informazioni. Mi avvicino, faccio delle domande e intanto scatto col cellulare, faccio un sorrisetto e me ne vado. Ti hanno mai scoperto? Qualche volta è capitato, ma alla fine ho fatto un sorrisetto ebete e mi sono allontanato senza che avessero da ridire.
Qui in paese invece, sono tutti un po' diffidenti; l'altro giorno ho avuto un battibecco con una signora che non voleva fotografassi le sue lenzuola stese alla finestra... ragazzi, delle lenzuola, ma stiamo scherzando?
In parte capisco anche atteggiamenti del genere: c'è un sacco di gente strana in giro, ed ho cominciato a notarlo bazzicando di più i social. Tu sei lì che ti fai i fatti tuoi, le tue foto, e vengon fuori haters, gente che ti copia, non che si ispira o emula, ma riproduce proprio gli stessi scatti, chi salva le immagini e le pubblica facendole passare per proprie, che roba.
Durante il lockdown abbiamo seguito molto le tue dirette con @brandowild nelle quali sfogliavate e commentavate pubblicazioni fotografiche, innanzitutto grazie per i contenuti prodotti, ne farete altre?
Ci siamo divertiti molto a farlo, anche perché è nata come una cosa senza nessuna pretesa ed è diventato un vero e proprio scambio culturale tant'è che praticamente tutti abbiamo portato a casa informazioni che non avevamo prima. Sì comunque, credo che continueremo a produrre contenuti del genere ogni tanto.
Saremmo rimasti a parlare con Piero anche per più tempo ma gli avevamo promesso che sarebbe stata un'intervista molto easy e poco stressante così, pagato il conto, ognuno per la sua strada. Chissà che magari non riescano ad incrociarsi nuovamente.
Comments